I Dust & the Dukes sono una rock band nata a Firenze nel 2016. Esordiscono nel Rock Contest del 2017, vincendolo. Desert Rock, Blues e atmosfere lisergiche si mescolano nelle sonorità della band. Con un primo EP all’attivo e un intensa attività live che li ha portati ad essere opening band per The Veils, Bud Spencer Blues Explosion e Tinariwen, i Dust & the Dukes si apprestano a pubblicare il loro album di debutto.

Posted on 23 Aprile 2020

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Dario Nardella, a Controradio: “La manifestazione nazionale della GKN dl 26 marzo”
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Il Sindaco di Firenze, Dario Nardella, a Controradio: "La manifestazione nazionale del collettivo di fabbrica dei lavoratori della Gkn di Campi Bisenzio in programma il 26 marzo è molto rilevante", "La manifestazione arriva a valle di un processo che per fortuna si sta concludendo positivamente, quello della salvezza della Gkn. Sono contento del lavoro delle istituzioni, quella di sabato è una manifestazione che merita attenzione. Sabato, compatibilmente con gli impegni istituzionali, cercherò di partecipare o fisicamente o in altro modo".
Combustibili fossili: quando la mobilitazione popolare paga
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"Cambiamento Climatico Spa: gli affari di Intesa e Unicredit che stanno bruciando il pianeta" è l’inchiesta che ha portato a far abbandonare gli investimenti in combustibili fossili ad Unicredit,  uno dei maggiori gruppi bancari italiani. È stata realizzata dall'organizzazione Re Common. Monica Pelliccia ha intervistato Antonio Tricarico,  Responsabile del programma Nuova Finanza Pubblica di Recommon.
“Natura morta”, di Giorgio Morandi
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Posted on 21 Luglio 2020
“L’arte alla radio, con il direttore del Museo Novecento Sergio Risaliti “Natura morta”, di Giorgio Morandi (olio su tela, 1923-1925) Quando si dice “natura morta” e si fa il nome di Giorgio Morandi si parla di un silente accordo tra cose e sentimenti che torna sempre uguale e sempre diverso, come sempre identica è l’essenza delle cose, la loro forma ideale, ma sempre variato è il sentimento di chi le contempla perché la luce su di esse e in esse muta nel momento della sua epifania, e con la luce si rinnovano le sensazioni. Con le sue costruzioni così essenziali e così quotidiane, questo grande pittore ci ha portato oltre il visibile, senza mai abbandonarlo; restando, cioè, su quella sottilissima soglia che separa e lega il mondo reale con l’altro, quello invisibile. Quella di Morandi è un’immagine costruita con tocchi lentissimi di pennellate scelti per dare fisicità pittorica a un’intensità emotiva, a una fenomenologia di sentimenti, che si propaga nello spazio e si materializza negli oggetti tramite la luce. Una luce che ci appare pregna in ogni sua particella di quanto di umano si distacca dall’animo del pittore per depositarsi e assolutizzarsi in una dimensione formale-visiva che è appunto una dimensione metafisica e spirituale, costruita con lentezza e concentrazione, senza urti né accelerazioni, senza agitazione, turgidezza o nervosismo ma adagio, adagio con moto e sentimento, come se le singole pennellate fossero note musicali di una composizione per clavicembalo ben temperato. Guardando la Natura morta conservata al Museo Novecento, un dipinto datato 1928, si ha la certezza di stare davanti a un capolavoro. Quanto di assoluto e di particolare s’immortala in quell’immagine va diretto a colpire nel segno, nel punto di una congiunzione visiva d’intelligenza e sentimento, che è poi quella di eternità e divenire, di assoluto e relativo. Non possiamo che dire: Ecco questa è arte, questo deve fare l’arte. Deve farci credere all’immortalità e perennità del sentimento dell’epifania dell’assoluto nel reale, della verità del mondo nel momento, farci illudere dell’esistenza dell’assoluto e dell’imperturbabile dietro la presenza visibile delle cose. Quello che stiamo contemplando è lì, in un interspazio, in una dimensione quantica, dove la materia è fatta di risonanze e vibrazioni, energia che non si disperde, che non si contamina, e che resta al contrario pura nella sua essenza, aderente nella sua immanenza. È un mondo, quello di Morandi, in cui i soggetti si riducono all’essenziale per girare al minimo. Ecco perché la sua arte ci appare come azione estrema, quando giunta al limite di un cammino che altri avrebbe condotto all’astrazione, si ferma senza arretrare, avendo scelto da sempre una forma di gnosi pittorica che, estraendo dalla realtà la verità immota, giunge a perpetuare l’immagine di un oggetto nelle costanti variazioni sentimentali della forma-colore. Morandi per Longhi sceglie soggetti umili per dire poeticamente la verità: oggetti e luoghi che, isolati dal rapido corso del tempo e dal caos del mondo, restano, tra le mani dell’artista come “simboli necessari, vocaboli sufficienti ad evitare le secche dell’astrattismo”. Oggetti di casa, elementi affettivi, paesaggi contemplati dalla finestra, così dimessi e modesti da apparire remissivi a un linguaggio metafisico cui è restituita lentamente la luce dell’immortalità. Un farsi evento dell’immagine nell’istante in cui la mimesi conosce il suo tramonto, la sua cecità. Morandi è un eroe del novecento che ha saputo sconfiggere la morte, la violenza, l’entropia, restando sul posto, senza far parlare di sé con azioni titaniche o trasformazioni mostruose. Non è entrato nella storia dell’arte con il passo e l’invadenza né di Picasso né di Pollock. La grandezza di Morandi sta in una caparbia e umile lotta consumata fino alla fine per la vittoria dell’umanità contro il nullificante nulla ,così lo chiamava Hegel; una vittoria portata a casa con i soli mezzi dell’arte che nell’animo dell’artista può accordarsi nella sua giornaliera battaglia con una intensa capacità di ascolto e di concentrazione che è quella della poesia. Suo compito era raggiungere la verità del mondo senza distruggere l’emozione per la bellezza insita nel suo apparire, o con le sue parole: “ Quello che importa è toccare il fondo, l’essenza delle cose”. Copyright Sergio Risaliti Immagine: Museo Novecento, Raccolta Alberto Della Ragione. Fototeca dei Musei Civici Fiorentini. Montaggio video: Antonella Nicola
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