Simone Di Maggio è attualmente considerato uno dei migliori chitarristi Rock’n’Roll europei, è “Membro Onorario della Rockabilly Hall of Fame”, la più importante associazione sulla musica anni 50′ del pianeta. Il saluto viene dalla sua attuale formazione, i Partners in Crime.

Posted on 23 Aprile 2020

You may also like

Chiavi della Città a Don Ignacho Carbajosa
1:19
Posted on 5 Dicembre 2021
Firenze, durante la XI edizione di “All’origine della gratuità”, appuntamento per riflettere sul valore della gratuità e del volontariato, il sindaco di Firenze Dario Nardella segnato le chiavi della città a padre Ignacho Carbajosa. “L’esperienza del Covid mi ha insegnato tanto, mi ha fatto anche soffrire – ha detto padre Ignacho Carbajosa, accettando le chiavi della città di Firenze – Guardando i malati negli ospedali, la morte, ho dovuto fare un percorso e per me è stato possibile ripartire. Adesso vaccinarsi è veramente ragionevole, per il bene degli altri. Ora non c’è da essere egoisti”.
Catena umana degli esercenti “Servono interventi immediati per salvare le aziende”
14:14
Posted on 1 Marzo 2021
Il presidio delle imprese: dal ristorante La Maremma, dove pochi mesi fa si è suicidato un'imprenditore, fino al Duomo organizzata da Confcommercio Toscana e Confesercenti Toscana
“Demolizioni”, di Mario Mafai
7:27
Posted on 21 Luglio 2020
L’arte alla radio, con il direttore del Museo Novecento Sergio Risaliti “Demolizioni”, di Mario Mafai (olio su tela, 1932). Mafai è punta di diamante nella collezione Alberto Della Ragione, assieme a Guttuso e Birolli, a Scipione e Cagli. La loro presenza è segno di un interesse per un’arte vicina alla vita delle emozioni e dei sentimenti, a un’arte dell’esistenza ma anche del sogno, che non si piegasse troppo al realismo né si distaccasse dalla realtà, soprattutto quando questa è realtà violentata, dura, portatrice di dolore e sofferenza, quando gli incubi e i mostri della ragione si aggirano per le piazze e le strade. La loro pittura è sottesa d’impegno politico e sociale in difesa dell’uomo, dei suoi valori e delle sue utopie senza farsi manifesto ideologico. Roberto Longhi riconoscerà negli esponenti della così detta Scuola Romana, che vedeva protagonisti assieme a Mafai anche Scipione, un genere di espressionismo colto, neo-romantico, trattenuto nei limiti di una poesia che non porta a distruggere la tradizione figurativa a favore di segni e superfici materiche informi, macerate e sconvolte dall’azione del profondo, delle piaghe inferte e del male ricevuto, affiorate senza volerle o poterle più contenere e ricondurle nell’ordine di una mondo figurativo più tradizionale. Della relazione, tra il collezionista Della Ragione e l’artista, tra l’uomo sensibile e l’ingegnere appassionato, rimangono tracce evidenti nella collezione, donata alla città di Firenze ed esposta in parte al Museo Novecento. Sono ben venti i dipinti di Mafai in dotazione del Museo e tra questi Demolizioni. Il quadro raffigura un’immagine presa in diretta degli abbattimenti effettuati in Roma durante i primi anni del regime fascista, per ampliare i Fori Imperiali, secondo una progettazione urbanistica sottomessa ai sogni di grandiosità del regime. Demolizioni si presenta come una pittura di cronaca, immagine che trasuda sentimenti e presagi. Le case sventrate, per le ambizioni retoriche di un’Italia, destinata a percorrere con i fasti di un nuovo imperialismo i giorni cupi e feroci della dittatura più violenta e disumana che la portarono a vivere la tragedia della guerra, i bombardamenti e le stragi prima della liberazione, sono un emblema. Il dipinto nasce per inquadrare e ricordare quanto provato alla fine di un’epoca, l’ottocento, che coincide anche con la fine di una stagione familiare. Eppure non riusciamo a non vedere altro, a giocare il senso del dipinto in anticipo. “Noi assistiamo continuamente alla demolizione di tutto ciò che è appartenuto all’Ottocento ed io ne sono stato testimone quando ho visto la mia vecchia casa cadere e i muri crollare ad uno ad uno, le camere aprirsi un attimo alla luce e poi diventare calcinaccio e polvere“. Così scriveva Mafai rammentando la distruzione della sua casa durante í lavori per aprire la via dei Fori Imperiali. Dietro il tema delle Demolizioni scopriamo allora un ricordo personale e doloroso. Nel 1937, che è l’anno d’esecuzione del dipinto conservato al Museo Novecento, Mafai espone alla Galleria della Cometa ed è presentato in catalogo da Emilio Cecchi. Assieme alla serie dei Fiori secchi appare anche quella delle Demolizioni. Il critico suggerisce una lettura più formale dei dipinti, trovandovi una soluzione più asciutta e depurata del suo espressionismo iniziale. Pure Cesare Brandi, rimane colpito da quei dipinti e nel 1939 commenta: “Erano le rovine di Mafai, non i nobili acquedotti o i gruppi di sulfuree colonne, ma povere stanzucce borghesi sviscerate nella carta di Francia a brandelli, nelle fumate a cono dei camini; erano cellule infrante, ma ancora calde d’abitato, così da parere una delicatezza sbirciarle, così sventrate, dal di fuori “. Poi quelle immagini di una cronaca che riguarda la nuova identità urbana di Roma in quegli anni, si caricheranno di altri sentimenti e ricordi, con la sovrapposizione di una ben più violenta e tragica realtà. Questa è la forza dell’arte, mostrare un luogo e testimoniare un tempo che già prefigura altro. Riconoscere nel presente i segni del futuro. Copyright Sergio Risaliti Immagine: Museo Novecento, Raccolta Alberto Della Ragione. Fototeca dei Musei Civici Fiorentini. Montaggio video: Antonella Nicola
Page 378 of 438
0
Would love your thoughts, please comment.x