“L’arte alla radio, con il direttore del Museo Novecento Sergio Risaliti. “Paesaggio”, di Giorgio Morandi (olio su tela 1936).

Guardando alla storia dell’arte del Novecento, capiamo che sussistono due modi di essere dentro la realtà del proprio tempo. Esiste un tipo di artista che non può distogliere lo sguardo dalla storia, se ne fa interprete e risponde con colpi da ko figurativo. E questo è Picasso, che con Guernica non tarda a prendere i pennelli per esorcizzare le immagini del bombardamento della cittadina spagnola.

Esistono poi pittori come Giorgio Morandi (Bologna, 1890 – 1964), che stringono il campo della visuale, si soffermano sull’evento meno clamoroso, per consegnarci un brano di realtà familiare che ci appare trasformato in un’immagine universale e senza tempo. Quello che abbiamo davanti agli occhi non è un tentativo di riprodurre fedelmente la realtà, ma una forma irripetibile e unica di pura poesia. Quell’immagine è qualcosa di presente e di assoluto. L’assoluto presente come evento. Qualcosa che è rarissimo vedere, a meno di non saper cogliere il miracolo della luce e dei colori come fa Morandi.

Questo Paesaggio, dipinto nell’estate del 1936 a Grizzana, è quello contemplato per anni dalla collina dell’Appennino emiliano, dove l’artista saliva, con le sorelle, per riposare e dipingere in totale solitudine. Morandi usciva al mattino presto con tutto l’occorrente per disegnare e dipingere, incamminandosi per strade imbiancate dalla polvere.

Lo guardiamo e subitamente siamo attratti in un tempo altro, che è quello della contemplazione. Quel dato paesaggio, osservato in un certo punto dello spazio vicino casa, in un dato momento della giornata, si è trasformato nel “paesaggio”. È come se sorgesse davanti a noi perfetto e fuori dallo scorrere del tempo, risuonando di luce e di colore nella indimenticabile emozione del momento. La luce e il colore, steso sulla superficie con fitte e continue pennellate a coprire forme geometricamente individuate sotto la natura delle cose, sono come un suono che si origina astratto portando con sé sensazioni e sentimenti. Morandi ci prende per mano delicatamente, per condurci a osservare il sentimento appena generato, con monumentale magnificenza, dalla necessità di una collina bagnata dal sole. L’immagine dipinta ci viene incontro come soglia tra noi e l’infinito, tra noi e l’eternità.

Ovunque regna il colore più silenzioso, il colore come silenzio. Quel colore si differenzia, senza dividersi, e attraversa da parte a parte le singole figure, una casa, un filare di alberi, la schiena di una collina, un sentiero tra i campi. Una serie di colori tonali che sembrano ignorare gli elementi del paesaggio. Quei toni caldi, come versi elegiaci, di una corposità gessosa – marroni, rossi, ocra, verdi – sembrano vivere di vita propria e costruire oggetti piuttosto che riprodurli.

Per raggiungere questa intensità di visione, Morandi si era imposto un regime di vita e di operatività ‘monacale’, che gli ha consentito di conquistare una dimensione poetica composta di umiltà e forza, una sensibilità assolutamente disponibile ad ascoltare-accogliere il miracoloso evento della realtà assieme a quello della verità in pittura. Morandi cerca, nella lentezza dei tocchi pittorici, di rallentare la visione fino all’impossibile arresto della stessa sulla cosa, in modo da contrastare, da una parte, la perdita di aura dell’immagine e, dall’altra, il consumo del mondo e della visione. Consumo inarrestabile e forse irreversibile, per cui, nel Novecento, la Cosa si è fatta solo copia, forma riproducibile, dogma. Morandi ha cura, invece, della cosa e dello sguardo, salva l’una dal farsi merce, l’altro dallo scadere nella riproduzione. Un atto eroico e rischioso di poeta nel tempo della ‘povertà’ che ci invita a compiere una riflessione sul nostro tempo, troppo povero di poesia nelle immagini e ricco, troppo ricco, di selfie e di post lanciati nella rete ad ogni istante.

Copyright Sergio Risaliti
Immagine: Museo Novecento, Raccolta Alberto Della Ragione. Fototeca dei Musei Civici Fiorentini.
Montaggio video: Antonella Nicola


You may also like

Limnos. Art Odyssey, con lo Swan 46 Milanto alla scoperta (a vela) della ricchezza del Mediterraneo.
Art Odyssey, il progetto di Milanto Adventures che gli skipper Valerio Bardi e Lorenzo Cipriani realizzeranno tra primavera ed estate 2022. Durante Art Odyssey, MIlanto effettuerà rilevamenti scientifici per il progetto Microplasmed, tracciamento della biodiversità microbica associata alle microplastiche nel mediterraneo, realizzato per il Dipartimento di Biologia dell’Università di Firenze. Durante Art Odyssey sarà possibile partecipare ad alcune tratte della crociera. Per informazioni si può consultare il sito http://milanto46.com/adventures.
"Plurimo n 7", di Emilio Vedova
7:54
L’arte alla radio, con il direttore del Museo Novecento Sergio Risaliti “Plurimo n.7”, di Emilio Vedova. (olio su legno, 1966) Plurimo è un perfetto esempio dell’arte del maestro veneziano, un’opera aperta come si dovrebbe dire, in cui l’immagine nasce non più per necessità figurative tradizionali o astratte, ma come esito di una vera e propria lotta tra l’artista e il mondo, tra l’artista e la storia. All’inizio degli anni Sessanta, cioè al tempo dell’esecuzione dell’opera Plurimo n.7, Vedova compie una svolta assai importante e clamorosa: si libera del piano bidimensionale della tela per aggiungere alla superficie dipinta una realtà tridimensionale. Anziché aggredire tele di vaste dimensioni, combina superfici diverse riunendole con delle cerniere per continuare a lavorare poi su questi moduli con altri gesti pittorici, accumulazioni e sovrapposizioni di segni e colori. I quadri diventano strutture architettonicamente poggiate a terra come una quinta o una paratia, la pittura occupa uno spazio fisico, s’interroga sulla tridimensionalità come capitava di fare alla scultura del suo tempo, senza mai approdare ad essa. Plurimo n. 7, è struttura articolata e complessa. Un quadro da parate che potrebbe però ricordare un retable, con le sue ante che si possono aprire e chiudere, con un evidente riferimento a una apertura verso altri mondi e altre prospettive. Un’opera dunque aggirabile in parte e in parte attraversabile con lo sguardo, adatta ad essere vista da molteplici punti di vista (plurimi appunto). Siamo nel pieno di una “opera aperta”, come quella teorizzata sapientemente da Umberto Eco negli stessi anni. Nel caso di Plurimo .n7 la cerniera ha un valore di articolazione, d’implicito movimento. In pratica l’artista lascia allo spettatore la possibilità (poi ovviamente vietata al museo) di agire sull’opera, aprendo o chiudendo, muovendo le ante, variando, però, entro traiettorie predefinite l’immagine del dipinto, per rendere possibile ad ogni intervento e ad ogni variazione la scoperta di ulteriore approfondimento della pittura stessa. Come scrive Luca Pietro Nicoletti, nel catalogo che accompagnava la mostra organizzata nel 2018 al Museo Novecento, Vedova in quel genere di opere rispolverava “un’antica dinamica futurista e certi modi della stessa scultura futurista, riccamente colorata” in modo da creare un «appuntamento di segnaletiche allarmistiche”. Con questo sistema, o meglio, marchingegno, Vedova dava delle possibili alternative; un’apertura esperienziale che però come precisava “ io precondiziono, d’accordo, ma delle quali non impongo né il tempo né lo spazio». Siamo in un nuovo mondo, rispetto a quello testimoniato dall’arte dei primi cinquant’anni del secolo, un mondo però già antico di oltre mezzo secolo. Copyright Sergio Risaliti Immagine: Museo Novecento, Raccolta Alberto Della Ragione. Fototeca dei Musei Civici Fiorentini. Montaggio video: Antonella Nicola
Musica... da camera - Paolo Benvegnù: Una sera di aprile
4:36
Chitarrista, cantautore e produttore, Paolo Benvegnù è il fondatore negli anni ’90 della seminale band alternative-rock Scisma (vista appena esordiente al Rock Contest di Controradio). Nel 2003 inizia la sua carriera solista con il cd “Piccoli Fragilissimi Film”. Ormai uno dei pilastri della musica italiana (sue composizioni sono state cantate da illustri interpreti tra cui la stessa Mina), ha appena dato alle stampe “Dell’odio dell’innocenza“, suo sesto lavoro discografico pubblicato per Black Candy Produzioni.
Page 221 of 438