“L’arte alla radio, con il direttore del Museo Novecento Sergio Risaliti “Ritratto di Emilio Jesi”, di Antonietta Raphael Mafai (onice, 1940)

Nelle collezioni del Museo Novecento, fortunatamente, sono presenti opere di alcune delle più notevoli artiste del secolo scorso, e tra queste quelle di Antoniettà Raphaël, consorte di Mario Mafai. Di origine ebreo-lituana, Antonietta nasce a Kovno nei pressi di Vilnius. Con l’accentuarsi delle persecuzioni contro gli ebrei, rimasta orfana di padre, si trasferisce assieme alla madre a Londra nel 1905. Qui si perfeziona in pianoforte alla Royal Academy. Dal 1919 si sposta per l’Europa, fa tappa a Parigi e poi Roma, dove si stabilizza iniziando a frequentare l’Accademia di Belle Arti. Nell’Urbe conosce Mario Mafai che diverrà suo marito. Con lui, e assieme a Scipione e Mazzacurati, darà vita alla Scuola Romana. La sua pittura è antiaccademica, a tratti arcaica, con accenti popolari e colori fortemente espressivi. Agli inizi degli anni Trenta Antonietta soggiorna di nuovo a Parigi ma questa volta assieme al marito. Frequenta gli ambienti delle avanguardie, conosce le opere di Maillol e Bourdelle, frequenta l’atelier dello scultore Epstein. Dal 1938 si sposta a Genova assieme alla famiglia, per sfuggire alle persecuzioni razziali. Antonietta, Mario e le tre figlie vengono ospitati dall’ingegnere e collezionista Alberto Della Ragione, che mette a loro disposizione una villa a Quarto dei Mille. La necessità di un loro spostamento a Genova è stata sostenuta pure da Emilio Jesi, un altro mecenate della coppia di artisti, di cui Antonietta ha eseguito nel 1940 il bellissimo ritratto in onice, conservato al Museo Novecento. A Genova l’artista resterà con le figlie fino al 1952. Da quella data, fino al giorno della sua morte avvenuta a Roma nel 1975, Antonietta Raphael Mafai partecipa a svariate mostre in Italia e all’estero e nel 1959-60 in occasione della VII Quadriennale di Roma viene inserita tra i grandi protagonisti dell’arte italiana, assieme agli altri esponenti della Scuola Romana.

Il ritratto di Emilio Jesi, in onice del Brasile, conservato al Museo Novecento è da considerarsi uno dei suoi capolavori. Jesi oltre ad essere un amico della coppia è un ambizioso concorrente in arte di Alberto Della Ragione. Jesi è un borghese a prima vista, nel vestire, nell’abitare, nell’atteggiarsi, nel modo di trattare gli affari che personalmente contrattava fino all’ultimo con gli artisti, arrivando a chiedere cambi nel caso le opere non si intonassero all’ambiente, una volta entrati in casa. Certo non riscuoteva la simpatia di Mafai e di Antonietta, eppure Jesi fu tra i primi ad avere in grande considerazione la scultrice più che la pittrice. Nacque da questo immediato e intuitivo apprezzamento il suo ritratto, eseguito in due versioni, una in bronzo, che resterà nelle mani del ritrattato e una in onice, che invece, fu acquistata da Alberto della Ragione, scatenando la gelosia e l’arrabbiatura dell’amico Jesi. Antonietta Raphael ritrae Jesi come un filosofo stoico o un imperatore romano; un volto rotondo che palesa salute, sagacia, furbizia. La materia aggiunge un qualcosa di magico all’espressione, come se la scultrice dialogasse, in questo ritratto, con gli autori del Realismo Magico, per cercare nel verismo dell’immagine qualcosa di più arcaico e misterioso. Cioè, non tanto indagando il carattere del collezionista ma il rapporto inerente il linguaggio scultoreo tra ritrattistica e sopravvivenza, tra effige e morte. Con gli occhi socchiusi Emilio Jesi sembra tollerare ogni accidente, ogni impiccio e preoccupazioni, guardando da un mondo ormai sovrannaturale tutto quello che ci sta accadendo.

Copyright Sergio Risaliti
Immagine: Museo Novecento, Raccolta Alberto Della Ragione. Fototeca dei Musei Civici Fiorentini.
Montaggio video: Antonella Nicola

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