“Si fa d’estate!” Dopo il tour nei teatri del seguitissimo “Si fa di sabato!”, Daniela Morozzi e Raffaele Palumbo tornano dal vivo in “Si fa d’estate!”
Attualità, cultura, scienza: tanti temi in un unico e imperdibile spettacolo!

“Si fa d’estate!” è un’iniziativa Controradio Club, Controradio e Lo Stanzone delle Apparizioni con il contributo del Comune di Scandicci per Open City 2021.

Posted on 20 Luglio 2021

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La città di Firenze e gli Uffizi celebrano Dante esponendo l’abete di Penone in Piazza della Signoria. L’abete di Penone, che costituisce un anticipo della mostra “Alberi Inversi”, sarà inaugurato il 25 marzo in occasione delle celebrazioni di Dante. Il resto della mostra di cui l’abete di Penone fa parte sarà ospitato nelle Gallerie dal 1 giugno al 12 settembre, interamente dedicata a Dante. L’installazione sarà la più grande opera mai ospitata nello spazio pubblico del centro storico di Firenze. Il titolo allude al tema dantesco dell’ “albero che vive della cima” (Dante, Paradiso, 18: 28-30). L’abete di Penone è una maxi-scultura che si sviluppa in altezza per 22 metri ed è costruita con metallo e legno.
Recò On air – Puntata 12
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Posted on 21 Dicembre 2020
Recò On air - Puntata 12 “Città circolari”. Con Piero Pelizzaro, Direttore del progetto “città resilienti” del Comune di Milano, Alessandro Colombo, Direttore artistico di Recò Festival, Emanuele Bompan, Giornalista ambientale e geografo, e Valerio Barberis, Assessore all'urbanistica, ambiente e all'economia circolare Comune di Prato. Conduce Raffaele Palumbo.
“Mia Sorella”, di Ottone Rosai
8:04
Posted on 21 Luglio 2020
L’arte alla radio, con il direttore del Museo Novecento Sergio Risaliti “Mia Sorella”, di Ottone Rosai (olio su tela, 1942 ca.) A volte girando per musei capita di incontrare dei piccoli quadri che sono dei veri e propri monumenti dedicati all’umanità più umile e povera. Con immagini ridotte ai minimi termini, l’artista riesce a cogliere e sintetizzare ricordi, sentimenti, emozioni che solitamente si dipanano in una vita intera, che mutano e poi si consolidano in caratteri e personalità inconfondibili tali da definire l’unicità della persona amata, quella a noi vicina per tutta un’esistenza o solo per una breve indimenticabile stagione. A volte il senso di una vita e di una personalità sta racchiuso tutto in un gesto, in una posa, in un movimento appena accennato, magari un tic, una parte di quella persona diventa il tutto, la sua scoperta intimità, l’affaccio sul mondo interiore con le sue gioie e i suoi dolori, le sue pene e i suoi amori. Dall’esempio di Cezanne, indiscusso maestro di un nuovo umanesimo in arte, deriva il ritratto Mia sorella dipinto da Ottone Rosai nel 1921-22 circa. Anni buoni, si potrebbe dire, in termini di collezionismo. Alberto Della Ragione aveva buon occhio e velocità di scelta, ma nel caso di Rosai, l’attrazione deriva dal riconoscere, in questo solido pittore della tradizione fiorentina, una pietas speciale, il cantore di un’umanità umile ma fiera, provata dalla vita, ma moralmente resistente, un’umanità colta nel pieno di una solitudine immensa, pesante come un fardello, vissuta e accettata per sempre come ineluttabile destino dell’uomo tra gli uomini.La sorella è ritratta in una stanzuccia, che diventa immensa per il taglio prospettico con cui è costruita, quasi fosse una cappella di cattedrale, in cui la donna appare come una santa figura in meditazione. La si riconosce intenta forse a cucire, appare esile, gracile, un po’ inarcata, ben vestita e curata nella semplicità e dimessa povertà dell’abbigliamento. Nella stanza non c’è nulla di clamoroso; solo un tavolo, che è assoluto protagonista della scena assieme alla sorella, un panchetto su cui la figura è seduta e una porta ad arco sullo sfondo, a dare un senso di profondità all’interno, aggiungendo, dal punto di vista dei contenuti, qualcosa di non detto all’immagine, esperienza di silenzio e di solitudine, di quiete e lentezza; una porta oltre la quale vi s’immagina riposto quanto di segreto appartiene alla donna, il suo destino e la sua storia, un prima e un poi oltre quella apertura. Al pittore riesce immortalare la pazienza e la cura, l’ascolto e la meditazione, lo snocciolare lento dei pensieri e dei ricordi. Si erge davanti a noi immenso il mondo femminile, con i suoi riti e i suoi sacrifici, guardato con dolcezza e compassione dal pittore, con rispetto e con tutta l’ammirazione che può riservare un uomo di stampo antico, di un artista senza troppe retoriche. Rosai con questo quadro in stile perfettamente toscano anticipa a suo modo le proposte figurative di Valori plastici, Novecento, quelle del “ritorno all’ordine”, di una tradizione italiana gloriosa fondata su Giotto e Masaccio, Paolo Uccello e Piero della Francesca. Quella di Rosai è una strada in salita percorsa in solitudine, di uomo e di artista provato nella vita da eventi drammatici e tristi, e dal trauma irrisolto della morte del padre. Quella dell’ingegnere Della Ragione per Rosai, fu passione di raffinato amante dell’arte, ma stima anche morale e a tratti vera amicizia, tanto che i due per un periodo si dettero per via epistolare anche del tu. Una vicinanza avviata nel 1937 e proseguita per anni, fino al 1941, anno in cui Della Ragione venne coinvolto dalla nuova avventura della Galleria La Spiga-Corrente. Nella sua casa, l’ingegnere dedica così un’intera parete alle opere di Rosai, acquistate via via e lo scrive in una lettera: “ La aspetto qui per mostrarle la situazione dei suoi quadri: il meglio che potevo pel momento, e cioè l’intera parete di destra, da estremo a estremo, del corridoio, dove, al centro, trovansi i Campigli”. Ai quadri si aggiungono poi molti disegni che andranno a far compagnia a quelli di Carrà, Morandi e Sironi. L’artista, da parte sua, informa il collezionista sul suo lavoro e il 15 dicembre 1937 scrive: “ In questo momento ho ripreso a lavorare con gran lena e della serie delle nature morte che mi sono proposto fare la prima è già terminata e non mi dispiace. E’ un fiasco, un bicchiere e dei marroni sopra un piano bianco tovaglia: Inoltre ho fatto un paese. Sono contento e non sento altro desiderio all’infuori di quello di lavorare. Al pensiero dei colori, delle forme sento come se tutto il mio sangue danzasse la danza della gioia. Il lavoro: unica cosa che di un uomo rimane. Sarà il suo passato, la sua storia. Il passato di tutti, la storia di tutti”. Copyright Sergio Risaliti Immagine: Museo Novecento, Raccolta Alberto Della Ragione. Fototeca dei Musei Civici Fiorentini. Montaggio video: Antonella Nicola
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